Il telefono è silenzioso. Chissà per quanto. Spera che le lasci almeno il tempo di mettere ordine. Non trova stampelle libere, ritorna verso il letto, si accorge di avere lasciato il segno, un impronta rosso corallo sul colletto della camicia. Un bacio caduto male.
Ieri sera prima di uscire si è truccata con cura, ha indossato l’abito nero e un paio di sandali che le regalano almeno dieci centimetri. Il percorso è stato breve. Giù in ascensore fino al piano terra poi in strada, un tratto di marciapiede, percorso picchiettando con ritmo, ed è arrivata. Ha suonato il campanello. Lui era in casa.
- Si?
- Ciao, sono Fiorenza.
- Sali.
Paolo abita al terzo piano, senza ascensore. La porta è socchiusa, Fiorenza entra e lo vede di striscio, sdraiato sul divano. Ha un libro fra le mani, gli occhiali calati sugli occhi e il cellulare appoggiato sul tavolino. Lei si siede in poltrona e lo guarda. Fino alla fine del capitolo lui la ignora. Fiorenza ripassa il discorso che vorrebbe fargli. L’ha in testa da quando l’ha visto con Sandra nel negozio di abiti da sposa. Fiorenza è l’altra, quella da amare a intermittenza, giocando sul fatto che conosce le regole e non può aspettarsi di più. Paolo sincero, con il piede in due scarpe e nessuna intenzione di fare una scelta. Basta. Lui si riscuote, la guarda, le riserva un sorriso compiaciuto. Si alza, l’abbraccia, le dice “Sei stupenda stasera”. Vanno in camera da letto. Spogliarsi è un’azione meccanica. Lei tira già la cerniera e lascia che l’abito le scivoli ai piedi. Lui sbottona la camicia, la sfila e posa sullo schienale della sedia insieme ai pantaloni. Si infilano nel letto, il tutto dura pochi minuti, anche la passione si è persa per strada. Poi lui si volta sul suo lato, chiude gli occhi e dorme. Lei lo guarda ormai convinta di non poter più continuare. Li lega solo l’abitudine. E’ durata troppo. Si alza, è nuda, si avvicina allo specchio, gira su se stessa e sorride. Prende la stilografica che è sul tavolino, la punta su un foglio bianco e traccia le linee dell’addio. Ritorna verso il letto, raccoglie l’abito, tira su la cerniera, l’orologio denuncia le 3. Fiorenza si guarda intorno, prende la borsa che ha lasciato in soggiorno. Sta per uscire ma prima decide che vuole un ricordo. Rientra in camera. Afferra la camicia, la caccia in fondo alla borsa e torna a casa. Sente la stanchezza piombarle addosso tutta d’un colpo. Si butta sul suo letto e chiude gli occhi. Si sveglia quando il sole inizia a infilarsi nella stanza.
Non le resta che la camicia. Un regalo di compleanno, un invito a non tornare indietro.
Sente bussare alla porta.
Chissà qual è limite oltre il quale una storia si rivela durata troppo a lungo...
Bellissimo racconto.
Scritto da: Pim | 28/09/2010 a 10:58
Credo nell'individuare un limite entri in gioco la soggettività più sfrenata. E' difficile provare a formulare una regola
grazie! buona giornata
Pinky
Scritto da: pinky06 | 29/09/2010 a 11:16