Già al
termine della seconda guerra mondiale si era sentito la necessità di non
contaminare la Resistenza con la retorica. Diversi scrittori che avevano vissuto l’esperienza partigiana
si erano preoccupati di questo aspetto, nel raccontare quanto era accaduto.
Roberto Battaglia nel 1945 scrisse Un
uomo, un partigiano per descrivere la sua esperienza in Garfagnana e
Lunigiana, la prefazione portava la data del 15 aprile, dieci giorni prima
della liberazione. Italo Calvino
scrisse che la: «Resistenza rappresentò la fusione tra paesaggio e persone».
Nuto Revelli
in una lettera inviata a Galante Garrone nel primo decennale della Resistenza così si esprimeva:
«A
volte leggendo libri partigiani, quasi mi lasciavo cogliere da un senso di
smarrimento: madonna santa, ma che partigiani in gamba, tutti robusti, tutti
perfetti, politicamente bene inquadrati, che di “mangiare” non parlavano mai,
che ammazzavano i tedeschi a centinaia, e sparavano sempre fino all’ultima cartuccia. Possibile che soltanto per noi,
partigianelli del Cuneese, esistessero una infinità di piccoli problemi – le
scarpe, il sacco di farina, il chilo di sale, il partigiano lazzarone, il
partigiano fifone, il comandante sfessato e mille altre diavolerie?... E’ gente
questa (a volte i comunisti gli fan da maestri) che non si adattano a pensare a
un partigianato così come l’hanno vissuto: lo vogliono romanzare, quasi un
partigianato a fumetti. Grosse battaglie, tedeschi falciati a centinaia, con i
partigiani che a migliaia vivevano d’aria e di poesia... a questa gente l’aria
del decennale fa male, li porta su un terreno che non è il loro, e sul quale si
muovono a disagio quasi goffamente».
Analizzando i
documenti, in particolare, garibaldini ho potuto osservare come siano frequenti
le richieste di armi e munizioni, soprattutto in concomitanza con la crescita
della formazione, i partigiani garibaldini percepivano un diverso trattamento
rispetto alle formazioni G.L che si riteneva potessero fare affidamento su un
migliore equipaggiamento e più soldi. Indispensabili per coprire le spese della
Brigata. In alcuni documenti i garibaldini accusavano i giellisti di svolgere
opera di propaganda tra i propri distaccamenti presenti in valle cercando di
arruolarli nelle brigate G.L. Valle Maira. Nonostante questo, molto spesso, le
due formazioni collaborarono insieme nell’organizzare e compiere azioni, per la
difesa delle centrali idroelettriche e la distruzione di ponti, si scambiarono
prigionieri.
Risultò
interessante l’esperienza della Repubblica di Valle Maira che pur essendo in
funzione per un periodo limitato, nell’estate del 1944, manifestò la volontà di
introdurre cambiamenti nell’organizzazione del commercio e delle attività
valligiane.
Don Raviolo,
Arciprete di Dronero riferendosi ai partigiani scriveva nel suo diario che
erano «I giovani al monte, unica espressione di vita e indipendenza nazionale»2,
don Giuseppe Abello, parroco di Albaretto li definì «I veri soldati d’Italia».3
La popolazione sostenne gravi sacrifici in quei venti mesi. Vennero incendiati San Damiano Macra, Cartignano e la frazione il Podio, diversi civili furono sottoposti a rappresaglia.
A Dronero nel mese di febbraio 1945 si svolsero i bombardamenti anglo americani
che causarono vittime fra i civili e misero in luce lo spirito di solidarietà che regnava fra la gente, molti
droneresi vennero ospitati nei paesi vicini e nelle frazioni circostanti.
«Al
di là dei sacrifici umani, pure non lievi, Dronero fu, dopo Boves, il centro
del Cuneese che ebbe a subire durante la guerra di Liberazione i danni
materiali più ingenti; fra i caduti delle brigate partigiane e civili uccisi,
in rapporto alla popolazione residente, la città ebbe una percentuale di
militanti in armi e di vittime del conflitto fra le più elevate della
Provincia. In più, Dronero si distingue per aver dato alla Resistenza, nell’
arco politico dai liberali ai socialisti ed ai comunisti, una dirigenza locale
antifascista di grande abnegazione e di incorrotti convincimenti coltivati per
i decenni della dittatura»4
Il 16 novembre 1986, Dronero ricevette
dalla Repubblica italiana la Croce di guerra al valor militare.
2 M. Giovana, Partigiani
e popolazione. Valori ideali nella Lotta di Liberazione in Valle Maira, tipografia
Ghibaudo, Cuneo, 1996, p.13.
3 Ibidem
4 M. Giovana, Dalla seconda guerra mondiale alla liberazione M. Calandri, M. Cordero, Dronero 1900-1945. Studi in onore di Pietro Allemandi, L’Arciere, Cuneo, 1990, p.232
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